LA MEDICINA DELL'ANTICO EGITTO (IV-I millennio a.C.)

Quella egizia è una delle più antiche forme di medicina oggi conosciute. Arrivata fino a noi grazie a una prima vera tradizione scritta - quella legata ai geroglifici, diffusi nella terra del Nilo già a partire dal 3200-3100 a.C circa - e ai commenti di storici più recenti, come i greci Erodoto (484 a.C. - 430 a.C. circa) e Diodoro Siculo (90 a.C. circa - 27 a.C. circa), la medicina egizia prevede una concezione della malattia come di un prodotto dell’azione di un dio sui canali del corpo, che risultano bloccati da sostanze in grado di indurre una sorta di “putrefazione” interna esattamente come accadeva nella quasi coeva medicina mesopotamica. O quasi.

Tra i riferimenti principali alla medicina dell'antico Egitto possiamo anzitutto citare un celeberrimo passo dell'Odissea, al cui interno il regno dei Faraoni viene descritto come un paese «la cui terra fertile produce tantissimi farmaci e ogni persona è un medico».
Nonostante la concezione magica della malattia, infatti, anche lo stesso Omero - grande ammiratore delle tecniche mediche egizie - in questo passo come in molti altri ci tiene a sottolineare come gli antichi abitanti della terra del Nilo abbiano fin dalle origini sviluppato un importante interesse pratico per l'anatomia, la salute pubblica e la diagnosi: i primi riferimenti scritti a tali tematiche, infatti, risalgono addirittura alla prima epoca monarchica (2700 a. C.).

IL QUADRO STORICO

Come si diceva poc'anzi, le attestazioni storiche più corpose inerenti la medicina egizia - oltre che dai papiri di epoca ben più tarda - ci sono pervenute in quantità importanti soprattutto grazie all'opera di Erodoto prima (V secolo a.C.) e Diodoro Siculo (I secolo a.C.), due tra i più importanti storiografi della Grecia, rispettivamente, classica ed ellenistica. A causa del lasso di tempo particolarmente ampio intercorso tra il loro operato in Grecia e l'effettiva attestazione delle prime forme di medicina in Egitto, però, la loro testimonianza può essere considerata veritiera solamente in parte.
Stando a queste attestazioni, comunque, pare che in Egitto la medicina delle origini fosse suddivisa in specialità: ogni medico, così, era solito occuparsi solamente di una patologia specifica. Per quel che concerne, poi, l'frigo del malessere, al tempo tutti credevano che la causa materiale della malattia andasse ricercata anzitutto nel cibo ingerito, e questo in virtù della credenza che questo finisse per "guastarsi" una volta introdotto all'interno del corpo: in questo modo, le cure più frequenti finivano per essere dei veri e propri processi di purgazione (suddivisi - come spiega lo stesso Erodoto - in cicli di tre giorni, con emetici e vomitivi). Pare, inoltre, che i medici egizi fossero particolarmente fedeli alla norma scritta, messa a punto dai loro principali predecessori: i sacerdoti.

Per quel che concerne, invece, le notizie considerate "più attendibili", la prima cosa che possiamo notare è che queste ci sono pervenute prevalentemente attraverso una buona quantità di papiri, che (rinvenuti in gran parte nel corso del XIX secolo e all'inizio del XX) unitamente alle testimonianze degli ostraka (dei frammenti di terracotta o pietra incisa databili fino all’epoca romana, al cui interno venivano spesso riportati nomi di medici e ricette) e al quelle fornite dall’epigrafia e dall’iconografia, hanno grandemente aiutato gli studiosi a ricostruire un quadro attendibile su come venisse esercitata la medicina al tempo dei faraoni.
Anzitutto, la prima cosa che è necessario sottolineare è che non si tratta di una medicina scientifica, nonostante la forte conoscenza anatomica (testimoniata anzitutto dai papiri pervenutici, che possono essere considerati dei veri e propri trattati di medicina pratica, da cui spiccano, inoltre, anche forti interessi farmacologici) e pratiche come quella dell’imbalsamazione potrebbero lasciare a intendere: la medicina egizia, infatti, può essere piuttosto considerata come un’arte della guarigione profondamente connessa sia alla magia che alla mitologia e alla religione. Tra i più antichi documenti medici risalenti all'antico Egitto possiamo citare anzitutto il papiro Kahun (1850 a.C. circa), che consiste in un vero e proprio trattato ginecologico, mentre tra i più celebri e completi non possiamo non citare il papiro Hearst (II millennio a.C.), al cui interno è contenuta una trattazione frammentaria delle malattie della pelle, e il papiro di Brooklin (probabilmente risalente all'epoca tolemaica), contenente un trattato sui serpenti con antifonario; e vari altri frammenti.
Nella maggior parte dei documenti in nostro possesso troviamo la trascrizione di rimedi e tecniche relative a diverse patologie (come ad esempio indicazioni per pronosticare la gravidanza del tutto simili a quelle presenti nei trattati ginecologici della medicina ippocratica), mentre in altri sono contenute ricette magiche ed incantesimi di protezione, nonché formule per interrogare il malato ed individuare la causa della sua malattia. L'unica cosa comune a tutti i papiri pervenutici, però, è la totale assenza di autore: questo accadeva perché in Egitto l'unico responsabile della medicina era il Faraone, emanazione delle divinità solari Osiride ed Horus e per questo considerato l'unico dispensatore della salute per tutto il suo popolo. In quest'ottica, i medici altro non erano che gli esecutori di questa volontà divina incarnata, dunque veniva da sé il fatto che dovessero agire sulla base di una precisa gerarchia (che, di fatto, non era altro che un calco di quella statale propriamente detta).

MEDICI E IMBALSAMATORI: PUNTI DI CONTATTO E DIVERGENZE

Quando si parla di medicina nell'antico Egitto, uno dei primi collegamenti mentali che vengono in mente ai più riguarda il rapporto con le pratiche di imbalsamazione e mummificazione. La relazione intercorsa tra queste tematiche, però, risulta tutt'oggi ancora molto controversa.
Spesso le iscrizioni presentano sia medici che imbalsamatori all'interno dei ranghi delle stesse famiglie, cosa che potrebbe lasciare a intendere un mutuo scambio di conoscenze tra le due categorie, ma di contro non mancano testimonianze in cui lo status sociale di chi praticava l’eviscerazione dei corpi viene descritto come talmente basso da arrivare addirittura a precludere i contatti normali con la società egiziana e, con ogni probabilità, anche con la classe medica, considerata da tutti come composta da esponenti di un ceto sociale intermedio. Ciò non toglie, però, che - ad esempio - molte tra le tecniche di bendaggio delle ferite descritte nei papiri sembrino essere sovrapponibili a quelle praticate sulle mummie, così come la grande conoscenza di alcune parti interne del corpo propria degli imbalsamatori risulta spesso essere tanto accurata quanto quella riscontrata all'interno delle tecniche descritte in testi considerati di carattere prettamente medico.

TRA SACRO E PROFANO: L'ORIGINE E LA CURA DELLE MALATTIE

La medicina egizia era fortemente caratterizzata da un'importante connotazione religiosa: il dio Seth, ad esempio, era depositario del principio del male e della degradazione, mentre Iside e suo figlio Horus avevano il potere di ristabilire l’ordine del corpo e Thot (dio della Luna e della sapienza) la capacità di fornire linee guida di comportamento.
Leggendo la storia in quest'ottica, risulta oltremodo chiaro che il medico ai tempi ritenesse di aver bisogno di protezione per affrontare la malattia, e questo proprio perché la stessa veniva considerata come diretta volontà di un dio e causata da principi viventi dotati di volontà maligna (considerati, dunque, dei veri e propri demoni). Considerato come infestato dai principi negativi, inoltre, il corpo malato veniva a sua volta considerato impuro e autore di secrezioni contaminanti, rese tali da una putrefazione interna all'organismo: proprio per questo il medico era solito proteggersi attraverso incantesimi e formule rituali. Secondo questa logica, allora, la terapia avrebbe dovuto essere individuata attraverso l’indagine dei segni e l’interrogazione del malato: solo una volta conosciute le cause sarebbe stato possibile metterla in atto, incentrandola sia su una strategia di aggressione magica che, per l'appunto, sulla purificazione del corpo attraverso evacuazione ed eliminazione di sostanze putride.

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